LO STENDARDO

LO STENDARDO PROCESSIONALE

1742

Da qualche anno a questa parte nella cappella che si trova in  fondo alla Chiesa, alla destra di chi entra, campeggia un bellissimo  arazzo, con due facciate ricamate: si tratta dello stendardo processionale parrocchiale, restaurato di recente (2015), per iniziativa dell’Arciprete don Sandro Chiesa, dalle Monache benedettine dell’Abbazia “Mater Ecclesiae” che si trova nell’isola      di S. Giulio, sul Lago d’Orta.

Cos’è uno stendardo? È un arazzo, in tessuto più o meno prezioso, sul quale sono raffigurate alcune immagini e che può essere esposto o trasportato in occasione di eventi pubblici, come una festa, una sfilata o una processione. È dunque un simbolo, una specie di preziosa bandiera, intorno alla quale si raccoglie una comunità. Il nostro stendardo parrocchiale simboleggia allora la nostra comunità, richiamandosi ad alcuni elementi che ne rappresentano i punti di riferimento, e in particolare alle figure dei suoi patroni.

 
a cura di ANTONIETTA PORRO

Il nostro stendardo è costituito da due facciate di seta, una rossa  e una avorio, sulle quali le immagini sono realizzate a ricamo (in seta e in oro) e per dipinto; è corredato di frange laterali e cordoni con nappe, e di un’ampia frangia in basso.

Queste le immagini che vi sono rappresentate:

facciata A, di colore rosso : Giulio (in abiti da presbitero) e Giuliano suo fratello (che porta la dalmatica, abito liturgico proprio dei diaconi) adorano l’Eucarestia attorniata da    S. Giulio ha le mani giunte e lo sguardo adorante; S. Giuliano ha una mano al petto, mentre l’altra, cadente sul fianco, regge un libro sacro. In basso, a sporgere dietro la figura di S. Giulio,   è raffigurata la nostra Chiesa, secondo l’architettura successiva al restauro del 1892, come vedremo; sullo sfondo un paesaggio  lacustre, probabilmente quello del lago d’Orta.

facciata B, di colore avorio : Maria, seduta sulle nubi, con Bambino; sopra di lei due angeli sostengono la corona. La Vergine tiene una cintura che tende a S. Agostino (il quale ne regge un lembo), in abito episcopale; il Bambino ne tiene un’altra che tende a Monica, madre di S. Agostino, la quale la stringe  al seno. In basso a destra si vede il libro aperto delle Confessioni, che Agostino stava scrivendo, retto da un angelo, mentre un altro ha la penna d’oca per scrivere (a simboleggiare che l’opera è ispirata dal Cielo). In basso, per terra, pastorale e mitria, simboli dell’autorità episcopale di Agostino.

SIMBOLISMO

 

Le immagini rappresentate sulla facciata A non hanno bisogno  di molte interpretazioni.

La facciata B raffigura invece una forma del culto di Maria particolarmente cara all’ambiente agostiniano. Secondo una   tradizione attestata da un apocrifo arabo di epoca già tarda, tre giorni dopo essere stata portata in cielo, Maria lasciò cadere la   sua cintura all’apostolo Tommaso   per rafforzarne la fede nella sua assunzione (l’apostolo ‘incredulo’ per antonomasia era assente anche quando la Santa Vergine fu assunta in cielo). I Cristiani d’Oriente venerano questa reliquia, a quanto attestano diversi inni bizantini, come «cintura di difesa della città», mentre in Occidente la devozione alla cintura è legata agli Eremitani  di sant’Agostino, nella cui chiesa bolognese di san Giacomo maggiore nacque, nel 1439, la Confraternita detta ‘dei Cinturati’. Essa si riallacciava al racconto di una apparizione della Vergine a S. Monica, la quale avrebbe visto la Madonna indossare gli abiti neri   (velo, tunica, cintura) del lutto per la morte del Figlio e sarebbe stata invitata ad assumere un abbigliamento analogo. Monica avrebbe poi consegnato al proprio figlio Agostino, attraverso S. Ambrogio dal quale dopo la conversione Agostino ricevette il battesimo, un’analoga cintura, che caratterizza, con il colore nero delle vesti, l’abito proprio della famiglia degli Agostiniani.

Una variante di questa tradizione, diffusasi a partire dal XVI secolo, si richiama invece a un episodio miracoloso riguardante S. Monica: quest’ultima, dopo la morte del marito Patrizio, si rivolse in preghiera a Maria, la quale le apparve vestita  con abito e cintura nera (quello che avrebbe indossato dopo la morte dello sposo Giuseppe) e garantì a quanti l’avessero imitata la sua protezione e consolazione. Di qui il doppio appellativo di Madonna della Cintura e Madonna della Consolazione.

Storia

 

Alla ricerca di notizie sulle origini di questo sacro simbolo, ci siamo imbattuti in una interessante e dettagliata descrizione contenuta nel Chronicon parrocchiale e redatta dall’Arciprete don Angelo Giuseppe Meroni nel 1893, in occasione del primo restauro dello stendardo. Dalla cronaca di don Angelo deduciamo che il nostro stendardo ha oltre 275 anni di vita, essendo stato realizzato nel 1742 dal ricamatore Giovanni Antonio Gallo. In origine era il simbolo intorno al quale si riuniva la cosiddetta “Confraternita”, un’associazione di fedeli della parrocchia che si dedicavano con particolare impegno alla devozione religiosa e alle opere di carità. Nel 1893 fu sottoposto alla prima delle due operazioni di restauro che ha conosciuto nella propria storia; la seconda è quella, recentissima, del 2015.